«Tu dici: “Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla” (Ap 3,17.19). È come se il Signore dicesse a questa Chiesa: non accontentarti di quello che sei, non essere tiepida nell’amore, ma generosa e forte».
Così scrive l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, nella lettera “Sto alla tua porta e busso” indirizzata alla Diocesi per Natale. «È questo il grande mistero del Natale – prosegue Nosiglia –, del Dio-con-noi che si fa umile, povero, semplice bambino indifeso e bisognoso di tutto ed entra nella storia quasi in punta di piedi».
Come prepararci ad accogliere Colui che bussa e sta alla porta di casa? Ecco i suggerimenti dell’arcivescovo.
Il Signore ci chiede anzitutto di ascoltare la sua voce.
L’ascolto comporta attenzione a chi parla per sentire bene che cosa ha da dirci. Esige dunque disponibilità di tempo e buona volontà reciproca. Riprendiamo dunque anzitutto in mano la Bibbia, in particolare il Vangelo, e preghiamo insieme meditando la Parola di Dio.
Il Signore ci chiede di aprire la porta con fiducia.
Il Natale è la festa del dono gratuito di Dio che ci dà suo Figlio. È la festa della gratuità e dell’accoglienza disinteressata, nella casa con l’amore, e nella vita con l’accoglienza degli altri, dei poveri e dei sofferenti. Ma chi sono oggi questi “altri”? Per ogni famiglia questi “altri” sono anzitutto i figli. Accogliere un figlio nella propria casa è accogliere Gesù e fare come Maria e Giuseppe: aiutarlo a crescere in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. Gli “altri” sono i nostri anziani verso i quali non vanno dati mai per scontati l’amore sincero e disinteressato. Gli “altri” sono persone con cui si è in disaccordo da tempo: perdonare significa imporre a se stessi un comportamento che va contro la mentalità comune, ma quanta pace e quanta gioia porta nell’animo!
A Natale spesso si riscoprono i poveri: sono gesti significativi, se non restano isolati. I poveri, ci ricorda il Signore, li avete sempre con voi. Perché in questo Natale non proviamo ad aprire la porta a qualcuno che vive situazioni difficili, di solitudine o di sofferenza ed emarginazione? Potremmo invitare a pranzo un anziano, un lavoratore immigrato che ha lasciato la sua famiglia, una ragazza madre o un bambino o un giovane la cui famiglia vive una situazione difficile. Potremmo adottare a distanza una famiglia o un bambino che vivono nei Paesi poveri.
Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò a lui e cenerò con lui.
Quante volte Gesù va a casa delle persone per stare con loro, si mette a tavola e consuma con loro il pasto. Mangiare insieme è segno di comunione e di amicizia. Ed è questo che il Signore desidera vivere con noi. Lo fa ogni domenica nella mensa del suo corpo e del suo sangue e lo rinnova con particolare gioia a Natale, nella Messa di mezzanotte o del giorno. Sperimentate nelle vostre case la gioia di questa realtà profondamente umana e spirituale, partecipando, come famiglia, alla mensa del Signore. Poi, giunti a casa, pregate insieme benedicendo la mensa. Rendete grazie a Dio per il cibo e per il dono dei figli, degli anziani e di quanti partecipano al pasto familiare. Ogni domenica potete ripetere questo gesto nelle vostre case: si rinnoverà così la gioia del Natale e della Pasqua del Signore che vive con voi.