La rivoluzione della tenerezza nel dialogo tra Isabella Guanzini, filosofa e teologa, e Luciano Manicardi, priore della comunità di Bose venerdì 22 settembre a Gesù Nazareno, nell’ambito di Torino Spiritualità 2017, dedicata al rapporto tra infanzia e maturità in questo tempo.
La tenerezza è la “rivoluzione del potere gentile” (dal titolo del recentissimo libro della Guanzini, edito da Ponte alle Grazie): è impopolare, contraria alla società della prestazione, dove i “vincenti”, le persone di successo devono guardarsi bene da essa, per la vulnerabilità che comporta. La tenerezza si oppone alla durezza, alla rigidità, al feticismo tecnologico, all’indifferenza, alla dogmatica finanziaria, al nichilismo, ai poteri di oggi.
Per Guanzini il potere non è un sistema anonimo, ma presente nei gesti e nelle relazioni: «Questa è una professione di fede nella persistenza di ciò che sembra valere poco, in quanto destinato a svanire: un giorno di festa, un gioco, un incontro gentile, l’essere chiamati per nome. È nei passaggi della tenerezza che il mondo si fa effettivamente vivibile e finalmente leggibile. È nella grazia sottile di un gesto che sfiora l’orrore che si aprono mondi di significati destinati a durare e a tenerci in vita ancora un po’. Tali gesti della tenerezza sono come tracce minime e luminose sullo sfondo del buio che cala sulle metropoli dell’Occidente, e la sola possibilità di una speranza per tutti».
Nonostante Manicardi abbia definito il libro di Guanzini laico e ricco di riferimenti letterari, l’autrice ha precisato che sia il tema, sia la terminologia usata le vengono dalla predicazione di papa Francesco, che definisce fortemente rivoluzionaria e sicuramente politica nella sua attenzione prioritaria e assoluta ai poveri.
Luciano Manicardi, con le sue domande all’autrice, con riflessioni e citazioni ha consentito di esplorare molti aspetti della tenerezza: il valore del quotidiano e di come lo “leggiamo” e viviamo; la capacità di stupore – come ci insegnano i bambini – contro le abitudini e le corazze delle risposte automatiche; il pianto che fa emergere la coscienza e la libertà; la capacità di “rendere il tempo inoperoso”, rallentando i nostri ritmi e smettendo di fare fare fare; il gioco, l’arte…, l’uomo tanto più smette di operare, tanto più crea. Lo shabbat, il settimo giorno, è quello che dà significato a tutto il resto.
Isabella Guanzini ha risposto con il rigore di pensiero e di espressione dato dalla sua formazione di filosofa e teologa, sempre attenta a non scivolare nel “mellifluo” e nel sentimentalismo, perché – come già scriveva Roland Barthes – “Il sentimentalismo è l’osceno del nostro tempo, non più il sesso”.
Il pubblico, numeroso, ha partecipato con domande nel breve dibattito finale.
Il parroco Ottorino Vanzaghi ha introdotto e concluso la serata.