Festa grande il 18 dicembre 2019 all’Hiroshima Mon Amour di Torino per celebrare vent’anni di Padri Dottrinari in India, prima a Ranchi, capitale del Jharkhand, uno dei 29 Stati federati, e poi a Jareya, piccolo villaggio tra l’autostrada che da Ranchi conduce a sud e la giungla.
Un cammino – iniziato molti anni prima da padre Luciano Mascarin, Superiore Provinciale e poi Generale della Congregazione – al quale padre Ottorino Vanzaghi, oggi parroco di Gesù Nazareno a Torino, ha dato un importante contributo per costituire una presenza stabile.
Allora, l’incontro con la povertà estrema fu un pugno nello stomaco. Sembrava di dover a tutti costi rispondere in modo immediato, aiutando la gente a uscire da quella condizione per avvicinarsi a una vita dignitosa. Tanti i progetti avviati in fretta e furia, quasi senza pensarci: e quindi con risultati provvisori; sempre sognando qualcosa di più articolato, strutturato, funzionale che negli anni, pian piano, ha visto la luce.
L’elenco è lungo: la Little School Stefano & Gaetano per recuperare bimbi nel tessuto scolastico; il César Silai Centre per insegnare taglio, cucito e ricamo a tante donne emarginate e sfruttate e per offrire loro possibilità di guadagno per sostentare la famiglia; il Computer Centre, aperto a grandi e piccoli con corsi di informatica e di avviamento al lavoro; la Morgante’s Library, biblioteca e sala studio per i giovani; gli ambulatori medico-infermieristici di primo intervento e prevenzione, aperti a tutti gratuitamente.
Col passare degli anni i progetti dei padri Dottrinati si sono trasformati, dall’assistenza immediata per rispondere alla povertà a prevenzione, aiuto a guardare alla vita con occhi diversi, illuminati da una speranza nuova.
È nata così la Nawa Maskal School (“nuova luce”, come il Beato Cesare De Bus, fondatore dei Dottrinari, avrebbe voluto fossero tutti), tentativo di trasmettere le bellezze delle tradizioni, le opportunità delle conquiste contemporanee dell’uomo, la conoscenza e i suoi strumenti, ma anche di rendere consapevoli delle dinamiche di sfruttamento, sopruso, inganno di cui sono spesso vittime gli autoctoni Adivasi e i più poveri in generale.
È stato un cammino segnato dal passaggio dall’ignoranza alla consapevolezza – sia per gli “occidentali” sia per gli abitanti di Ranchi e Jareya –, trasformatosi in obiettivo e stile per progettare gli interventi e il futuro.
Tutto questo è stato possibile innanzitutto grazie alla Congregazione dei Dottrinari, ma anche ai tanti amici e alle Associazioni Yatra e Jarom, che con il loro impegno, entusiasmo, sacrificio, studio, generosità e costanza – indiretto dall’Italia e diretto in India – hanno sostenuto e reso concreti i progetti.
Dopo vent’anni oggi a Ranchi e Jareya si guarda al futuro con fiducia, consapevoli delle prossime sfide. Bisogna puntare all’autosufficienza economica e critica, alla conoscenza matura della propria fede, alla qualità dell’educazione e delle proposte professionali, al trilinguismo, alla fedeltà all’identità dei popoli, alla cura dei malati, a rendere tutti protagonisti consapevoli.
Senza dimenticare che bisogna avere il coraggio di analizzare pregi e difetti di ciascun progetto, eventualmente modificandoli per adattarli all’oggi, focalizzando nuovi orizzonti, per individuare risposte ai bisogni principali dell’uomo a Ranchi e a Jareya.
Una sfida che la Congregazione fa propria, sicura del contributo di molti – associazioni e persone – in grado di rendere ogni progetto fondato, sapiente e realizzabile. Certi di avere accanto la compagnia del Signore.